Fonte: Crisi e sviluppo manageritalia.it del 14 luglio 2014 – Dipendenza da internet, dal cellulare, da Facebook e i social network, confini sempre più sfumati tra la nostra identità digitale e quella reale: oggi ci confrontiamo su questi temi molto attuali con il professor Tonino Cantelmi, psichiatra e autore di un saggio intitolato Tecnoliquidità (San Paolo), che mette in guardia dai rischi di un’esistenza che ruota e si sviluppa nella quotidianità sempre attorno al web. Proviamo a fare il calcolo delle quantità di ore giornaliere trascorse online, davanti al computer o ai numerosi device. A giudicare dalle tesi esposte nel libro, forse dovremmo imporci delle pause… prima di tutto per la nostra salute mentale.
Professor Cantelmi, l’uomo contemporaneo sembra immerso costantemente in un mondo digitale e fluido: quali sono i rischi per la sua identità e psiche?
La metamorfosi della mente nella postmodernità tecnoliquida è su più piani: cognitivo (cambia l’attenzione, che diventa multitasking, il pensiero è più veloce, più percettivo e meno simbolico, cambia il modo di apprendere, di leggere, di studiare), emotivo-affettivo (l’amicizia e l’amore ai tempi dei social sono più rapidi, diffusi, superficiali, condivisi e rappresentati mediaticamente; la ricerca di emozioni forti tecnomediate cambia l’assetto emozionale), sociorelazionale (la socializzazione virtuale desertifica le piazze, persino la politica tweetta). L’identità diviene multipla secondo i vari tecnocontesti, frammentata e assemblata di volta in volta.
Social network e relazioni interpersonali: quali problematiche sta riscontrando dal suo osservatorio?
L’unico vero rischio è l’impoverimento dell’empatia, dell’incontro autentico fra due persone. Stiamo assistendo a un cambiamento colossale della relazione interpersonale a causa di una massiccia tecnomediazione della relazione. Siamo sempre più avatar, sempre più rappresentazioni di noi stessi sulle pagine social, sempre più catturati da una sorta di venefico narcisismo digitale. La questione che si pone oggi è questa: cosa è l’autenticità?
Il web ci sta rendendo tutti più soli oppure si tratta solo di saperlo gestire?
Siamo sempre più connessi, più informati, più stimolati ma esistenzialmente sempre più soli. Questo è un paradosso: abbiamo centinaia di amici sui social, pronti a cliccare “mi piace” sulle incredibili stupidaggini che postiamo e nessuno o pochi che ci capiscono davvero e che sono in grado di condividere con noi non la foto ritoccata ma l’intimità autentica. Tuttavia il bisogno di incontro autentico, interumano, empatico e intimo è un bisogno irriducibile.
Come si riconosce la tecnodipendenza e quali sono i rimedi?
Tutta la società marcia verso una colossale tecnodipendenza, che annulla giorno e notte, lavoro e riposo, in una costante immersione digitale. Le pause non sono tollerate: eccoci pronti a smanettare sullo smartphone in fila dal medico, o sul treno, riducendo ogni interstizio sociale a un gioco che ci faccia passare velocemente il tempo. Alcuni però sono troppo immersi, troppo catturati dal digitale, troppo eccitati dal web da trascurare la vita reale in modo eccessivo. Per questi c’è da pensare a veri e propri digital detox. Sensa il digitale non si può vivere, ma troppo digitale disumanizza. Un mucchio di giovani diventano degli avatar viventi, pallide caricature della vitalità che dovrebbero invece possedere. Io propongo la slow technology. Tecnologia sì, ma più lenta e meno invasiva.
Quali consigli può dare a genitori ed educatori?
Insegnare la bellezza, quella autentica, capace di aprire nuovi mondi interiori e di rilanciare nuove trascendenze. E aprire ai figli la strada della spiritualità. Spiritualità e bellezza saranno gli elementi centrali di un processo di umanizzazione della tecnologia e dei mondi virtuali.