Fonte: Avvenire del 10/02/2022
La voglia di tornare alla normalità, dopo la pandemia, non può ignorare che occorre riparare i danni che psicologi e psichiatri (ma anche le autorità sanitarie mondiali) segnalano da tempo in tema di salute mentale, con particolare riguardo alle giovani generazioni. Nuovi investimenti in strutture e personale, attenzione alla prevenzione, progetti che combattano la solitudine e favoriscano le buone relazioni (anche con soluzioni innovative) a livello sociale, familiare, scolastico: sono i suggerimenti che gli esperti porgono per risalire la china. Senza illudersi che sia un percorso veloce. «Anzi, ci vorrà tempo – osserva Claudio Mencacci, co-presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia- ed è importante che ci sia gradualità. Ho tuttora pazienti che non escono di casa se non per venire nel mio studio, e non vedono nessun altro. Anche per i giovani sarà necessario riavvicinarsi ai compagni, non vivere la diffidenza dell’altro, tornare ad abbracciarsi. Ma ci vorrà tempo perché la paura sia ridotta e annullata, alcuni rimarranno indietro». Anche perché «I’ emergenza psichiatrica in età evolutiva è antica-ricorda Stefano Vicari, direttore dell’Unità di Neuropsichiatria infantile all’ospedale Irccs Bambino Gesù di Roma e docente di Neuropsichiatra infantile all’Università Cattolica – come l’Unicef rimarcava da tempo. La pandemia ha solo tolto il coperchio e l’ha resa più evidente». «L’Organizzazione mondiale della sanità già in epoca prepandemica riteneva fondamentale che tutte le nazioni investissero di più nella sofferenza psichica- specifica lo psichiatra Tonino Cantelmi, direttore clinico-scientifico della Casa San Giuseppe dell’Opera Don Guanella a Roma-perché la salute mentale “ruba” il 4% del pii in tutto il mondo a causa di giorni perduti, malattia, disabilità, rotture coniugali, danni scolastici». Investire in salute mentale significa guardare al futuro: «Il bonus psicologo può essere utile-osserva Vicari- ma rischia di essere solo un intervento tampone se non si potenziano i servizi sul territorio, soprattutto quelli per l’età evolutiva. Secondo alcuni studi c’è un rapporto di 10 a 1 in termini di risorse tra età adulta
ed età evolutiva. E con il blocco del turnover, molti servizi di Neuropsichiatria infantile (che comprendono non solo il neuropsichiatra, ma anche psicologo e terapista della riabilitazione) di fatto sono stati smantellati.
Così le liste d’attesa durano mesi». Conferma Cantelmi: «Siamo sottodotati di servizi per l’età evolutiva, in alcune zone sono sotto organico del 70%. Serve un intervento strutturale, pensato e coordinato, integrando il pubblico con le proposte valide che realizza il privato. Ricordando che un centro di salute mentale si occupa non solo di gravi psicotici o depressi, ma anche del disagio (attacco di panico, disturbi) che non riceve vera accoglienza».
Oggi è necessario, spiega Mencacci, recuperare la dimensione fisica: «l’esperienza del virtuale è stata una grande risorsa, ma adesso va mitigata. Vanno recuperate la parte dell’ esperienza
fisica, del confronto affettivo diretto, delle emozioni immediate e condivise». In particolare per i giovani significa «riprendere l’iter scolastico, garantendo l’apertura delle scuole, perché dopo la didattica l’altra funzione della scuola è di educazione al cittadino, alla vita relazionale, al confronto, al dibattito». A scuola «sono utili lo psicologo o lo sportello d’aiuto, – osserva Vicari – ma bisogna sostenere genitori e insegnanti a essere educatori a tutto tondo e a collaborare tra loro, superando conflittualità, mettendo al centro il ragazzo». Ed evitare lo stigma: «Aleggia il falso mito-chiarisce Vicari – che dei disturbi mentali dei ragazzi siano responsabili i genitori. E questo non facilita la richiesta di aiuto, mentre nella gran parte dei casi questi disturbi si risolvono, se riconosciuti precocemente e affrontati correttamente in età evolutiva». «La pandemia ha creato una serie di difficoltà relazionali negli adolescenti, spingendoli a una vita webmediata.
Ma nell’adolescenza – aggiunge Cantelmi – ci sono compiti evolutivi da raggiungere: imparare a stare con i pari, fare le prime relazioni romantiche, staccarsi dai genitori, acquisire autonomia, definirsi da punto di vista dell’identità personale». «E molto importanti- aggiunge Vicari- sono anche le attività extra scolastiche, sia il mondo dello sport, sia l’associazionismo: tutto ciò che promuove la relazione dei ragazzi tra loro e la possibilità di confrontarsi».
«Le persone si sono scoperte sole e isolate- segnala Mencacci- e la salute passa anche dal contrasto della solitudine. Dobbiamo inventare o riscoprire luoghi che intercettino gli indicatori di solitudine da chi è più a contatto con le persone: aree di condivisione nei quartieri, parrocchie, centri di solidarietà sociale, Caritas, portieri sociali, medici di base, e soprattutto, credo, farmacie, che si stanno rivelando uno strumento molto utile, una “agorà” di grande prossimità».
In generale «è fondamentale – puntualizza Cantelmi – lavorare sulla creazione di buone relazioni. Quasi tutti gli studi dicono che il 60% del disagio emotivo è legato a problematiche relazionali in area educativa, soprattutto nell’infanzia e nell’adolescenza.
E questa generazione, sconnessa dalla pandemia, rischia di pagare un prezzo in termini di competenze relazionali in futuro». Pertanto «bisogna fare investimenti- suggerisce Cantelmi – molto mirati: dal sostegno alla genitorialità all’incremento della psicologia scolastica, a interventi specifici sugli adolescenti, anche quelli che non manifestano disturbi, ai fini di prevenzione».