Fonte: Magazine delle donne del 7/9/2015 – Un’indagine Ue rivela che solo il 15% dei genitori italiani è consapevole delle esperienze di sexting dei propri figli: una percentuale tra le più basse (e preoccupanti) d’Europa. L’indagine “La dieta mediatica dei nostri figli“, presentata da Moige e Polizia postale e delle comunicazioni e condotta dal professor Tonino Cantelmi, aveva rivelato che un minore su tre fa nuove conoscenze online e accetta amicizie da estranei e uno su cinque decide poi di conoscere di persona gli sconosciuti.
di Giulia Vola
Il sexting, ovvero il corteggiamento tanto esplicito quanto virtuale che ha
conquistato gli adolescenti del Terzo Millennio, sfugge all’occhio dei
genitori. Quell’attitudine, che a volte travalica nel cyberbullismo, stando ai
dati raccolti da una ricerca Ue rilanciati dalla Federazione italiana
sessuologia scientifica (Fiss), vede solo il 15% dei genitori a conoscenza dei
fatti. Con smartphone e tablet, connessioni veloci e ormoni in subbuglio, gli
occhi di mamma e papà sono lontani, la libertà è totale ed è un attimo: le
fotografie e i video osé arrivano per sms o per email, per lo più sono voluti e
ben accetti, qualche volta sono subiti e allora causano traumi grandi
così.
Va meglio in Francia, dove la percentuale sale al 20, in Inghilterra e Olanda
(al 25%) e in Spagna (al 29%). Insomma, là dove c’erano mamme chiocce che
parlavano con i figli, oggi ci sono notifiche che fanno da sottofondo a
pomeriggi bollenti. Perché là dove c’era il petting, ora c’è (anche) il sexting:
“può costituire un preludio – Piero Stettini, professore di Psicologia
generale e Psicologia clinica presso l’Università di Genova e componente del
Consiglio direttivo della Fiss – un sostituto dell’attività sessuale, può
costituire una fase sperimentale per chi non è ancora sessualmente
attivo”.
E qui sorgono i dubbi e le preoccupazioni perché, mentre nei ragazzi più grandi
e negli adulti rappresenta un modo positivo “per accrescere i sentimenti
di intimità e vicinanza con il partner ed arricchire il gioco della relazione
di coppia”, tutta un’altra storia è quando davanti allo schermo ci sono
ragazzini.
Nello specifico, avverte lo specialista, i rischi sono annidati in questa
“precoce esposizione a contenuti sessuali-pornografici che risulta dannosa
allo sviluppo – prosegue l’esperto – e le inchieste condotte sui giovani che
ricorrono – in modo attivo o passivo – al sexting ci mostrano che più l’età si
abbassa, più questi appaiono preoccupati e turbati”.
Ecco perché le famiglie dovrebbero sapere, chiedere, essere coinvolte in questa
nuova dimensione che riguarda i più giovani: “è evidente che un’azione
educativa va svolta anche – primariamente e parallelamente – nei loro
confronti. Soprattutto perché “il ‘sexting’ – ci tiene a ricordare Stettini
– è una nuova forma di comunicazione e di interazione sessuale, che sia negli
adolescenti che negli adulti può presentare aspetti positivi e negativi, di
rischio e di opportunità”.
Situazioni che, in generale, i più giovani non sanno come gestire: “una sessualizzazione
dove le emozioni sessuali sono sempre più sganciate dalla fisicità, dalla
presenza reale e corporea dell’altro”, rischia di tradursi in “una
frammentazione che può favorire una oggettivazione sino alla mercificazione dei
corpi, in particolare di quello femminile”.
Laddove è subito, il sexting diventa cyberbullismo, una vera e propria fonte di
stress, soprattutto perché, come racconta la cronaca, succede che, nonostante
la denuncia e i provvedimenti della Polizia postale, i video o le foto restino
incastrate nella grande ragnatela: “Questo aspetto è molto condizionante
per le persone che sviluppano di conseguenza stati di ansia e
depressione”, chiosano gli psicologi.
La dieta mediatica dei nostri figli, l’indagine presentata da Moige e Polizia
postale e delle comunicazioni e condotta dal professor Tonino Cantelmi
dell’Università Lumsa, ha rivelato che un minore su tre fa nuove conoscenze
online e accetta amicizie da estranei e uno su cinque decide poi di conoscere
di persona gli sconosciuti. Deriva che, se preceduta da sexting, prende il nome
di grooming, ovvero l’adescamento online: “Teniamo presente che l’offrire
da parte dei giovani immagini particolarmente provocanti di sé sulla rete
(magari sul profilo di un social network) può attirare adulti potenzialmente
abusanti che dopo aver conquistato la fiducia delle vittime con tecniche di
manipolazione psicologica, possono indurle a superare le resistenze e
instaurare con loro una relazione intima o sessualizzata – avverte la Fiss -.
Un nuovo fenomeno che ha fatto la sua preoccupante comparsa negli ultimi anni è
quello della cosiddetta ‘microprostituzione’, dove adolescenti (a volte anche
bambini) maschi e femmine inviano loro immagini e video sessuali in cambio di
piccoli regali, modeste somme di denaro o ricariche telefoniche. Un fenomeno
ancora isolato ma in crescita che deve farci riflettere e intervenire con
azioni appropriate”.
Insomma, tra derive, rischi e i tempi che corrono, l’unica soluzione è
costruire un dialogo con i propri figli perché “è fondamentale un’azione
educativa di fondo che consenta ai giovani di sviluppare una consapevolezza dei
rischi connessi a questi comportamenti (spesso i giovani ne sono inconsapevoli)
e nello stesso tempo – conclude lo psicologo – rafforzare in loro le capacità
personali e interpersonali necessarie per vivere sessualità e relazioni
sentimentali in modo costruttivo, responsabile e auto-determinato”.