Haters, quando i network dell’umano si frantumano il web si espande

Fonte: DIRE – Notiziario settimanale Psicologia Roma, 27 giugno 2017 – “Stiamo assistendo a un incremento dell’aggressivita’ percepita e della crudelta’. Forse si commettono piu’ o meno lo stesso numero di aggressioni, ma sono piu’ crudeli. In particolare, c’e’ una sorprendente crudelta’ e aggressivita’ nei bambini e negli adolescenti. Va dritto al punto, Tonino Cantelmi, presidente dell’Istituto di Terapia Cognitivo Interpersonale (Itci), che spiegando alla DIRE come mai stanno proliferando dentro e fuori la Rete i cosiddetti ‘haters’, esistono “due tipi di cyber-hatersgli occasionali (perche’ puo’ capitare a tutti) e gli addicts dell’odio (quelli che non ne possono piu’ fare a meno, che utilizzano i social prevalentemente per aggredire)”.

“Stiamo assistendo a un incremento dell’aggressivita’ percepita e della crudelta’. Forse si commettono piu’ o meno lo stesso numero di aggressioni, ma sono piu’ crudeli. In particolare, c’e’ una sorprendente crudelta’ e aggressivita’ nei bambini e negli adolescenti. Un esempio e’ l’uso di spray urticanti per creare panico nelle discoteche, una specie di gioco al terrorista”. Va dritto al punto, Tonino Cantelmi, presidente dell’Istituto di Terapia Cognitivo Interpersonale (Itci), che spiegando alla DIRE come mai stanno proliferando dentro e fuori la Rete i cosiddetti ‘haters‘, aggiunge: “Questa recrudescenza dell’aggressivita’ si lega al frantumarsi delle reti umane, sociali, affettuose e solidali. Uno scenario proferito gia’ da James Hillman: Il frantumarsi dei network dell’umano quale conseguenza dell’espandersi dei network telematici. È un mix di individualismo e incertezza- sottolinea lo psichiatra- le due cose messe insieme rendono tutto istantaneo, rapido, immediato e singolo”.

L’altro lato della medaglia e’ la depressione. “Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanita’ e’ diventata la patologia piu’ invalidante al mondo, ha superato anche il cancro. Abbiamo un mondo piu’ depresso oggi, molto di piu’ di quanto non lo sia mai stato in passato. Rabbia e depressione- prosegue Cantelmi- sono quindi le due facce di una stessa problematica: il frantumarsi dei network umani, delle reti solidali”.

Il presidente Itci chiarisce: “Non c’e’ dubbio che l’odio e’ un sentimento che riguarda tutti. Lo dissimuliamo ipocritamente, perche’ ci getta in penosi sensi di colpa o poiche’ ce ne vergogniamo subito dopo averlo provato. Tuttavia, e’ un sentimento che in qualche modo governiamo. Esistono, poi, forme paranoicali di odio che qualche volta hanno generato ‘mostri’, ma qui entriamo nella patologia”.

Un esempio di forme paranoiche dell’odio e’ “il caso di Anders Behring Breivikla, il trentaduenne norvegese simpatizzante di estrema destra che fu l’autore della strage di Utoya nel 2011.

Altre forme paranoiche dell’odio richiamano certamente gli attentati degli ultimi giorni, come quello londinese contro i fedeli musulmani. Sono forme paranoicali che in molti possono generare dei veri e propri mostri, e il prototipo- ripete l’esperto- e’ appunto Behring Breivikla”. A livello patologico, si tratta di “psicosi deliranti”: la persona che ne soffre generalmente si sente “perseguitata o perseguita altri fino ad arrivare al delirio”.

Tornando al Web, Cantelmi precisa che esistono “due tipi di cyber-hatersgli occasionali (perche’ puo’ capitare a tutti) e gli addicts dell’odio (quelli che non ne possono piu’ fare a meno, che utilizzano i social prevalentemente per aggredire)”. Lo psichiatra li definisce anche “tossicodipendenti da odio”. Seguono le stesse logiche dei dipendenti: sono compulsivi. “Il gruppo piu’ drammatico riguarda gli ossessivi e, in questo caso, entriamo spesso in aree patologiche”.

Descrivere gli haters non e’ semplice. “Non c’e’ differenza di sesso, cultura o professione. Un grado di espressione dell’odio in Rete appartiene a tutti e spesso assume anche la forma di un’apparente formalita’. Tra i tossicodipendenti dell’odio, pero’, esistono gli ossessivi e gli antisociali- continua l’esperto- i primi si mettono in testa un’idea e la difendono fino all’estremo; i secondi sono distruttivi per definizione. Il loro obiettivo e’ distruggere per distruggere”.

La tecnologia digitale favorisce gli haters in due modi: “Abbassa la soglia del pudore (per questo un po’ tutti comunicano cose intime con piu’ facilita’) e alza il grado di deumanizzazione delle persone odiate, facilitando l’espressione di sentimenti negativi, aggressivi e rabbiosi. Inoltre, l’immersione nei videogiochi sembra correlarsi a una minore percezione degli effetti del nostro agire reale- fa sapere lo studioso- con una conseguente diminuzione della percezione del grado di responsabilita’ verso il male che commettiamo. Insomma, nel complesso e’ una combinazione che fa si’ che il mondo dei social e dei videogiochi sia un ricettacolo delle pulsioni distruttive e al tempo stesso costituisca una sorta di anestetico che impedisce ad alcuni di cogliere fino in fondo gli effetti reali del proprio agire”. Un tossicodipendente dell’odio puo’ passare facilmente dall’azione virtuale a quella reale? “È difficile dire cosa succede- risponde lo psicoterapeuta- non so quanto realmente la Rete sia un ammortizzatore dell’aggressivita’ oppure faciliti l’emersione di persone aggressive. Sto osservando un giovane adulto che mi impressiona molto- confessa lo psichiatra- guarda tutti i video degli attentati terroristici e ultimamente anche i video delle stragi nelle scuole. Adesso vorrebbe chiedere il porto d’armi. È un aspetto misterioso, ma posso dire che nella Rete assistiamo a una colossale invasione dell’odio. Ci sono migliaia di pagine Facebook costruite sull’odio e altrettanti forum e community. Alcuni studi su Twitter mostrano ondate puntuali di tweet d’odio praticamente su tutto”. In ultimo la nascita di Hater, l’app che unisce le persone in base a un odio comune. Ma per Cantelmi non e’ una novita’, e’ “gia’ in netto ritardo”.

Fonte: Dire