Gioco d’azzardo, dipendenza moderna

Fonte: Vatican Insider lastampa.it del  21/05/2012 – Un rapporto negli Stati Uniti ne denuncia i costi sociali. Anche in Italia il fenomeno sta dilagando “La cattiva scommessa dell’America: perché la crescente partnership tra governi e casinò è un patto col diavolo”. In inglese suona così: “America’s Bad Bet: Why the Growing Government-Casino Partnership is a Deal with the Devil”. Si tratta di uno studio pubblicato lo scorso mese di gennaio dal Center of Public Conversation dell’Institute for American Values di New York, a firma del ricercatore Paul Davies, al fine di documentare il rilevante impatto negativo del gioco d’azzardo negli Stati Uniti.

Il rapporto esce nello stesso momento in cui la perdurante anemica crescita economica ed il gettito fiscale ancora al ribasso stanno inducendo molti degli Stati federati a giocare la carta della “legalizzazione” del gioco d’azzardo nella speranza di procacciasi fondi aggiuntivi per dare sollievo  alle finanze pubbliche. Proprio nello Stato di New York il governatore Mario Cuomo ha di recente proposto di modificare la costituzione federale, proprio per legalizzare i casinò commerciali. Il Michigan gli sta andando a ruota, perché in queste stesse settimane sono in corso di svolgimento due distinte campagne per la costruzione di altrettanti casinò. Il primo casinò dell’Ohio, invece, è stato aperto in maggio a Cleveland, mentre un altro sarà inaugurato fra alcune settimane a Toledo.
Nel Maryland, nel prossimo novembre, si voterà per l’apertura di un sesto casinò oltre che per l’aggiunta di tavoli da gioco nei casinò già esistenti, misure che hanno provocato fra l’altro un editoriale fortemente critico del Washington Post, pubblicato lo scorso 4 aprile, nel quale si disapprova questa ulteriore promozione del gioco d’azzardo, per i danni sociali che già derivano dalle possibilità esistenti. Danni che, aggiunge il quotidiano americano, affliggono soprattutto gli strati più emarginati e poveri della popolazione, coinvolti nel vizio del gioco e quindi poco propensi a cercare un proprio riscatto sociale attraverso il lavoro.

Sebbene le statistiche ufficiali del gioco d’azzardo negli Stati Uniti risalgano ancora al 2006, come rilevato dall’agenzia di stampa cattolica “Zenit”, in quell’anno gli americani hanno perso al gioco la stratosferica cifra di 91 miliardi di dollari. «La seduzione dell’arricchimento rapido e facile, – ha commentato al proposito padre John Flynn, della Congregazione dei Legionari di Cristo -, ben si sposa con la mentalità contemporanea della gratificazione istantanea. La maggior parte dei giocatori vengono dalle categorie meno capaci di sostenere l’onere delle loro inevitabili perdite: anziani, minoranze e classe operaia. […] Un gioco d’azzardo più diffuso può sembrare un’opzione attraente per i governi ma a tutto discapito della gente, della quale sono tenuti a proteggere il welfare» (Governi avidi e gioco d’azzardo, in “Zenit”, 20 aprile 2012).

Anche in Italia le forze più consapevoli del volontariato sociale stanno alzando la guardia nei confronti del fenomeno, molto sottovalutato da politici e media. Ad esempio, l’ultimo numero della rivista del “Centro Italiano di Solidarietà” (CeIS), fondato a Roma da don Mario Picchi (1930-2010) e da oltre quarant’anni impegnato nel recupero dei giovani da ogni forma di tossicodipendenza (http://www.ceis.it/), è interamente dedicato all’approfondimento di quelli che sono gli effetti del gioco sulla psiche e sulla sorte delle persone e delle famiglie.

Nel primo contributo del Dossier “Gioco d’azzardo, dipendenza moderna”, pubblicato su “il Delfino on line”, n. 2, dell’aprile 2012, firmato da Mario Pollo, professore di Pedagogia Generale e Sociale alla Lumsa di Roma e collaboratore del CeIS, si distingue fra le forme di gioco utilizzate come forma saltuaria di evasione dallo stress e dai ritmi della vita quotidiana, alle dipendenze del gioco d’azzardo compulsivo che si osservano con sempre maggiore preoccupazione anche nella realtà italiana. Se le prime modalità, osserva Pollo, «si limitano a far vivere alla persona il gioco come qualcosa di funzionale al lavoro e alla vita sociale, nel senso di offrire quello scarico dello stress e delle tensioni necessario a riprendere con rinnovata lena la vita quotidiana, nel caso del gioco d’azzardo compulsivo le perturbazioni producono nella persona l’alienazione della propria vita, il suo sottometterla a qualcosa di esterno a essa che come una sirena chiama al naufragio sugli scogli della distruttività. In questi ultimi casi il gioco da strumento di libertà e di liberazione diviene uno strumento di schiavitù, da luogo di creazione di una vita più ricca e umanamente realizzante si trasforma in luogo della distruzione della vita stessa» (Educare al gioco, in “il Delfino on line”, n. 2, aprile 2012, p. 4).

Lo psicologo, psicoterapeuta e criminologo Mauro Croce, invece, nel saggio intitolato Gioco d’azzardo: una droga “sottile” che produce danni (pp. 6-11), documenta invece le dinamiche che il mercato dei “giochi d’azzardo” sta presentando in Italia, sia in termini di sempre più ampia e crescente offerta di giochi, sia di diverse modalità di gioco e di maggiori occasioni e luoghi per giocare. Autore insieme ad un altro psichiatra e psicoterapeuta, Riccardo Zerbetto, di uno dei più documentati e recenti studi monografici sull’argomento (Il gioco & l’azzardo. Il fenomeno, la clinica, le possibilità di intervento, Franco Angeli, Milano 2006), Croce dimostra nel suo intervento che il picco nell’offerta del gioco d’azzardo in Italia si sia già avuto, ed ha interessato ildecennio 1989-99 ma, ad oggi, seppure il dato sia sostanzialmente stabile, «non si hanno dati precisi ed attendibili sui videopoker e mancano del tutto dati e riscontri relativamente al gioco on-line. Ciò che tuttavia appare assolutamente carente è la mancanza di studi di impatto sociale, l’organizzazione di risposte e politiche di prevenzione e di riduzione dei danni, e di aiuto ai giocatori problematici ed ai loro familiari soprattutto in relazione ai sempre più forti allarmi e preoccupazioni dovuti a forme di vera e propria dipendenza da gioco che è lecito ritenere possano essere in aumento» (p. 7).

Tonino Cantelmi

Un primo contributo di analisi psicologica “tarato” sulla situazione italiana è quindi offerto sulla rivista dallo studio del medico-chirurgo, specializzato in psichiatria, Tonino Cantelmi, che è stato il primo in Italia a occuparsi dell’impatto della tecnologia digitale sulla mente umana (c.d. “Internet Dipendenza”, cfr. http://www.toninocantelmi.com/). Con il collega Emiliano Lambiase, Cantelmi denuncia come, sebbene il gioco d’azzardo patologico sia stato riconosciuto per la prima volta come disturbo mentale fin dal 1980, «con la sua introduzione nel DSM-III all’interno dei Disturbi del Controllo degli Impulsi», nel contesto attuale i siti Internet che si occupano di gioco d’azzardo fioriscono indisturbati. Sebbene la maggior parte delle persone sembrino essere in grado di giocare responsabilmente, aggiunge lo psichiatra cattolico, «viene stimato che circa il 3% della popolazione lotta contro la dipendenza da gioco».