Dipendenza digitale e generazione iperconnessa, al via il primo corso italiano di Cyberpsicologia

Fonte: Adnkronos del 10/10/2014 
Alla Lumsa il primo corso di studi per capire e curare il disagio psichico della generazione “mobile born”. ..”Si tratta di una vera e propria mutazione antropologica. Per intercettare eventuali disagi e trovare modi efficaci di intervento su futuri uomini e donne tecno-liquidi, occorre una nuova psicologia”. Così Tonino Cantelmi, docente di psicologia dello Sviluppo all’università Lumsa di Roma, illustra all’Adnkronos Salute i motivi che hanno portato il suo ateneo ad attivare il primo corso italiano di Cyberpsicologia, che debutta sabato 11 ottobre a Roma.

“Ne usciranno i primi 100 cyberspicologi” prevede lo psichiatra. “Il nostro mondo viaggia verso una colossale dipendenza dalla connessione: senza, infatti, molti di noi non sanno già più trovare un ristorante, corteggiare una donna, conoscere un amico, capire i mali del mondo, informarsi o divertirsi. E chiudere una storia d’amore. La dipendenza da Internet – avverte l’esperto – sta diventando anche un modo di vivere, dunque si colloca tra patologia e futura normalità. E come cambia il modo di esprimere il disagio psichico, ad esempio in chat e sui social, cambia anche il modo di curarlo. L’era digitale segna la fine di molte forme di psicoterapia antiche – prevede Cantelmi – insomma, è in arrivo una vera e propria rivoluzione in tutti i settori”.


I ‘mobile born’, che oggi vanno all’asilo e alla materna, saranno “futuri uomini e donne tecno liquidi – prevede lo psichiatra – che adotteranno schemi mentali e categorie di pensiero nuove. Lo stiamo già vedendo. E quello che sappiamo già è che questi giovani troveranno normale il filtro della tecnologia”. “Allora perché – si chiede Cantelmi – gli studenti di psicologia non devono adattarsi, studiando la cyberpsicologia? Come è possibile ancora oggi studiare lo sviluppo del bambino, ma anche la sua salute e le patologie mentali, con categorie sorpassate, adatte alla realtà di cento anni fa?”. Ecco, l’appuntamento di sabato “segna un cambiamento: ne usciranno i futuri primi 100 cyberpsicologi d’Italia”.

Arriva lo cyberpsicologo, curerà il disagio psichico della generazione ‘mobile born’ – Fonte: Huffington Post del 13/10/2014 – di Antonio Valenzi

Maker Faire, auditorium Parco della Musica di Roma, una stampante 3D, dal costo di circa 1.500 euro, lavora silenziosamente ma indefessamente ad un piccolo e insignificante oggetto domestico, incurante del baccano della folla che la osserva, si ferma e passa oltre. Una settimana dopo il professor Tonino Cantelmi, dell’università Lumsa di Roma, avvia il corso di cyber psicologia. E non per rispondere alla domanda che si poneva Philip Dick col titolo del suo romanzo “Ma i droidi sognano percore elettriche?”, meglio noto come Blade Runner.

Nel punto di intersezione tra la società liquida teorizzata da Zygmunt Bauman e la rivoluzione digitale, Cantelmi individua nel suo saggio Tecnoliquidità – La psicologia ai tempi di internet: la mente tecnoliquida (ed. San Paolo) la nuova antropologia dell’ Homus Digitalicus 2.0, il mobile born, versione successiva del nativo digitale. È immerso nel brodo primordiale di una rivoluzione non ancora giunta a compimento, ma il Digitalicus 2.0 è già da oggi un ‘sempre connesso’, col suo smartphone o con il tablet e in un domani ormai imminente con i Google Glass. Siamo dunque alla connessione come condizione esistenziale che – si domanda Cantelmi – mostrando i sintomi di un passaggio evolutivo, potrebbe portare – e forse ha già portato – alla strutturazione di nuovi schemi cognitivi e di nuovi processi nella costruzione della propria identità, individuale e collettiva. Materia per gli psicologi della prossima generazione.

In questo senso il corso avviato da Cantelmi segna uno scollinamento definitivo. L’identificazione della nascita di un nuovo soggetto sociale, che vive e interagisce con gli altri in relazioni sempre più tecno-mediate (per oggi sui social network in forma di intrattenimento, domani chissà) è il punto di approdo e nello stesso tempo di ripartenza dei tanti interrogativi che l’avvento della rete – ma più generalmente del digitale – ha sollevato. Partendo dal semplice (semplice?) ambito tecnologico, la smaterializzazione di qualsiasi ‘documento’ trasmissibile e condivisibile per via telematica, ha generato ampi dibattiti nell’ambito giuridico: il primo è stato il Diritto d’Autore, messo pesantemente in discussione con il file sharing musicale del caso Napster, ma ha fatto presto a sfociare anche su altre fattispecie come il Diritto all’oblio (uno dei pregi, ma anche dei difetti della rete, è che non dimentica) o alla ‘privacy’. Oppure, come il caso del programma MonsterMind rivelato da Snowden, nelle questioni di sicurezza nazionale che verrebbe compromessa sulla base di reazioni automatiche dei sistemi di difesa (perché con certi algoritmi proprio non si ragiona).

E se le normative sui punti sopraesposti fanno fatica ad adeguarsi (sempre ammesso che lo si voglia), il tema individuato da Cantelmi sposta l’inquadratura su un obiettivo ancora più centrale: non il ‘cosa’ (che è la rete), non il ‘come’ si usa, ma gli effetti che ha sul ‘chi’, comprendendo tra questi anche e soprattutto i bambini i quali, born mobile per eccellenza, danno segni di una ‘precocizzazione’ comportamentale nei confronti della quale non sempre hanno la struttura idonea per assorbirla.
Ma la rete è pervadente, liquida appunto, e come tutti i fluidi si insinua negli interstizi più nascosti del vivere sociale, e fermarla è impossibile, anche se spesso ci si dimentica di chiedersi da dove arrivi, di chi sia e chi la governi davvero.

Nel 1947 a La Sorbonne di Parigi, con la nascita dell’ Institut de Filmologie, Gilbert Cohen-Séat non fu solo l’ostetrico della filmologia, ma sancì la nascita dell’homo videns di sartoriana memoria. Se dunque i dibattiti correlati alla rete hanno toccato con il corso di Cantelmi il loro punto nodale, quel che ancora manca è un approccio multidisciplinare e un’elaborazione sistematica degli scenari possibili sui quali andrà a muoversi – con che diritti e con che doveri? – l’Homus Digitalicus 2.0, che per ora esiste ‘de facto’ ma non ancora ‘de iure’. Insomma, esiste il suo cittadino, ma di questa realtà espansa di internet, di questo Ultramondo, ancora non se ne certifica appieno l’esistenza. Intanto, sorda e ottusa, la stampante 3D da 1500 euro del Maker Faire procede silenziosa verso il suo prossimo lavoro. Il ricambio di un auto o il pannello di un mobile. In ogni caso, una rivoluzione.

Fonte:  Repubblica.it

Arrivano i cyberpsicologi. Aiuteranno i malati digitali

I NATIVI digitali, la generazione iperconnessa e, ora, è la votla dei “mobile born”: sono “bambini che fin da piccolissimi, smanettando sul seggiolone, prendono dimestichezza con tablet e telefonini, e sviluppano il cervello in modo del tutto peculiare, come mostrano anche gli ultimi studi di imaging cerebrale. Si tratta di una vera e propria mutazione antropologica. Ebbene, per intercettare eventuali disagi e trovare modi efficaci di intervento su futuri uomini e donne ‘tecno liquidI’, occorre una nuova psicologia”. Così Tonino Cantelmi, docente di psicologia dello sviluppo all’università Lumsa di Roma, illustra i motivi che hanno portato il suo ateneo ad attivare il primo corso italiano di Cyberpsicologia.

“Ne usciranno i primi 100 cyberspicologi”, prevede lo psichiatra. “Il nostro mondo viaggia verso una colossale dipendenza dalla connessione: senza, infatti, molti di noi non sanno già più trovare un ristorante, corteggiare una donna, conoscere un amico, capire i mali del mondo, informarsi o divertirsi. E chiudere una storia d’amore”.

“La dipendenza da Internet”, continua l’esperto, “sta diventando anche un modo di vivere, dunque si colloca tra patologia e futura normalità. E come cambia il modo di esprimere il disagio psichico, ad esempio in chat e sui social, cambia anche il modo di curarlo. L’era digitale segna la fine di molte forme di psicoterapia antiche. Insomma, è in arrivo una vera e propria rivoluzione in tutti i settori”.

I “mobile born”, che oggi vanno all’asilo e alla materna, saranno “futuri uomini e donne tecno liquidi”, prevede lo psichiatra, “che adotteranno schemi mentali e categorie di pensiero nuove. Lo stiamo già vedendo. E quello che sappiamo è che questi giovani troveranno normale il filtro della tecnologia. Allora perché gli studenti di psicologia non devono adattarsi, studiando la cyberpsicologia? Come è possibile ancora oggi studiare lo sviluppo del bambino, ma anche la sua salute e le patologie mentali, con categorie sorpassate, adatte alla realtà di cento anni fa?”.


Dipendenza digitale, nasce il corso di cyberpsicologia – Fonte L’ultima Ribattuta           dell’11/10/2014

E’ da circa vent’anni che cellulari ed internet hanno fatto breccia nelle nostre esistenze, ospiti ingombranti che non se ne andranno mai più. Mentre la generazione precedente ha avuto modo di assimilare gradualmente la rivoluzione digitale, metabolizzando le innovazioni anno dopo anno, i bambini e gli adolescenti di oggi si trovano ad affrontare il complesso e massiccio universo fatto di smartphone, tablet e pc tutto d’un colpo. E l’approccio si sta rivelando tutt’altro che incruento, come testimoniano le numerose patologie e dipendenze rilevate dagli psicologi dell’infanzia, che si trovano a fronteggiare un fenomeno tutto nuovo con strumenti talvolta datati ed inadeguati. Per correre ai ripari, parte oggi all’università Lumsa di Roma il primo corso italiano di Cyberpsicologia, fortemente voluto e promosso dallo psichiatra Tonino Cantelmi, docente di psicologia dello sviluppo. Il professore ha dichiarato ad Adnkronos Salute che è in arrivo la generazione dei “mobile born”, composta da bambini ed adolescenti iperconnessi “che fin da piccolissimi, smanettando sul seggiolone, prendono dimestichezza con tablet e telefonini e sviluppano il cervello in modo del tutto peculiare, come mostrano anche gli ultimi studi di imaging cerebrale. Si tratta di una vera e propria mutazione antropologica”. Per loro è necessario un altro tipo di psicologia, essendo impensabile “ancora oggi studiare lo sviluppo del bambino, ma anche la sua salute e le patologie mentali, con categorie sorpassate, adatte alla realtà di cento anni fa”.
Si prevede che il corso formerà i primi 100 cyberpsicologi, che avranno un bel daffare nello sbrogliare l’intricata matassa presente nella mente della moltitudine di futuri adulti che, a dirla come il prof. Cantelmi, viaggiano verso una colossale dipendenza dalla connessione.
Senza di essa, sostiene il docente, “molti di noi non sanno già più trovare un ristorante, corteggiare una donna, conoscere un amico, capire i mali del mondo, informarsi o divertirsi. E chiudere una storia d’amore”. Aggiungendo anche che “la dipendenza da Internet sta diventando anche un modo di vivere, dunque si colloca tra patologia e futura normalità”.
Un futuro a tinte fosche, quindi, per i “mobile born”, o almeno per quelli le cui famiglie non provvedono a posizionare filtri che li schermino dall’invasività del mondo digitale.