Dalla Blackout challenge all’Eye balling: le sfide della morte viaggiano sui social

Fonte: la Repubblica del 21/01/2021 – Su Tik Tok, Facebook, Instagram cresce la diffusione di fenomeni sociali, quasi dei riti di iniziazione per dimostrare qualcosa a se stessi e agli altri: essere forti fino “all’onnipotenza”. Ne parlano in un’intervista le dott.sse Michela De Luca e Marabella Bruno psicologhe e psicoterapeute esperte in età evolutiva.

di Agnese Ananasso

“Black out”, “Chocking game”, “Pass-out game”: più nomi per definire la stessa assurda follia che prevede la compressione della carotide fino al soffocamento. Un secondo in più o in meno separa la vita dalla morte. Il gioco delle sfide sta coinvolgendo un numero crescente di ragazzi, sempre più giovani, ultima una bambina di 10 anni, di Palermo.

Tra le prime sfide a diffondersi sul web, partita dalla Russia, è stata la Blue whale” (la Balena azzurra) nel 2016, una prova estrema fatta di 50 assurde regole, tra cui tagliarsi le vene, salire sul tetto di un palazzo e arrampicarsi sul cornicione, inviando le immagini dell’impresa a un “curatore” e mettendole in rete. Prove della morte per dimostrare il proprio “coraggio” a uno sconosciuto o agli altri iscritti a un qualcosa che tutto è tranne che un gioco.

Dalla ricerca realizzata per Agi da The Fool su dati Crimson Hexagon, nel 2017, sono state registrate nel mondo 34.794 tra ricerche e contenuti apparsi su Twitter e Instagram e collegati al gioco della morte “balena azzurra”.

Vincere la paura facendo gesti punitivi verso se stessi e verso gli altri, restando in un equilibrio precario, mentale e fisico, tra la vita e la morte, passando dal dolore. Azioni estreme al limite della legalità, come nel caso del “Knock out challenge”, che consiste nel dare un pugno a uno sventurato che passa per strada. Solo per il gusto di fare del male e vedere cosa succede.

Spesso queste challenge prendono spunto da personaggi di film come la spettrale Samara di “The Ring”: si va in giro vestiti solo di una camicia da notte bianca col volto coperto da lunghi capelli (di solito una parrucca), spaventando le persone e riprendendo tutto col cellulare per poi diffondere il video sui social. Alcune ragazze, coinvolte in questo gioco perverso, sono state aggredite e picchiate in strada.

Può sembrare assurdo eppure c’è chi trova “emozionante” appendersi a testa in giù come un pipistrello, facendo leva sui cartelli stradali o sui tubi del riscaldamento (“Batmanning”) o gettarsi la vodka negli occhi, come nell'”Eyeballing”. Anche un gioco banale come camminare a occhi chiusi, si può rivelare fatale se la sfida, come nella “Bird box challenge” prevede guidare un’auto senza guardare.

“Più che sfide possono essere definite un fenomeno emulativo che verrebbe incentivato da informazioni false e pericolosissime. Alcuni siti parlano di presunte proprietà benefiche di una pratica del genere quali rilassamento ed euforia: notizia falsa in quanto il soffocamento porta a sensazioni di panico ed alla perdita di conoscenza che può causare dei gravi danni neurologici”, spiega Michela De Luca, psicologa psicoterapeuta, esperta di Cyberpsicologia all’Università Europea, responsabile Età evolutiva – Itci di Roma. “È impossibile pensare che sul successo di tali giochi incida il fattore novità: giochi simili sono praticati da generazioni. Si tratta di fenomeni virali ormai presenti nel web da molti anni, che diventano popolari in alcuni momenti specifici”.

Nel 2020 è diventato virale il pericolosissimo gioco che si chiama “Skullbreaker challenge” che vede la vittima al centro e altri due ragazzi ai lati che fingono di saltare per poi sgambettare quello collocato al centro che cade rovinosamente con la schiena per terra. E un terzo complice che filma la scena col telefonino. Nello stesso anno si è diffuso anche “Jonathan Galindo”, un mostro che spinge i giovani all’autolesionismo.

Tra le nuove sfide lanciate su TikTok, c’è quella dell’Hanging challenge, che consiste in una prova di resistenza. Il “gioco” prevede di legarsi una cintura attorno al collo e resistere per più tempo possibile. Il vero pericolo dell’asfissia sarebbe dovuto alla perdita dei sensi, rendendo impossibile svincolarsi.

“Tik tok è il social con il più alto numero di utenti giovane o pre adolescente, è tra le app più amate dalla cosiddetta generazione Z ma in passato ha dimostrato più volte il suo essere fallace nel controllare fenomeni pericolosi come questo” continua la psicologa, che sottolina come questo periodo pandemico non abbia aiutato a controllare questo fenomeno. “I ragazzi appartenenti alla nostra società liquida appaiono più fragili. Ai tempi della pandemia il web e in genere tutti gli strumenti tecnologici sono stati sdoganati ed utilizzati ampiamente dai giovani anche con meno controllo da parte degli adulti. Figli di una società dove violenza e aggressività sono normalizzate e parte della dieta mediatica quotidiana, i nostri ragazzi vivono in una società competitiva e molto poco cooperativa. Si partecipa a una di queste sfide per trasgressione, per accrescere la propria autostima basata sul riconoscimento sociale, per rinforzare il proprio ruolo all’interno del gruppo dimostrando il proprio coraggio”.

Per entrare nella rete basta rispondere agli account falsi che inviano richieste sui social utilizzati dai raagzzi. Il riferimento del gioco viene condiviso dal ragazzo sulle chat whatsapp tra amici e compagni di scuola e così la trama si allarga, inglobando sempre più adepti.

“Si tratta quindi di simil-riti di iniziazione (per distinguere i “fifoni” dai “duri”), usati per dimostrare qualcosa a se stessi e agli altri: bisogna essere forti fino ‘all’onnipotenza’. Si richiede di superare i propri limiti sfidando la morte” afferma la collega Marabella Bruno. “Solo il superamento di tale sfida porta a meritare di entrare a far parta di un gruppo. Altre volte essi sono strategie usate per sballarsi con il ‘brivido’ di un’emozione forte, rompendo la ripetitività della quotidianità, o per vantarsi davanti agli amici. Questi games possono inoltre esser connessi all’abuso di sostanze stupefacenti: diventano un modo ‘economico’ per procurarsi uno sballo momentaneo. La sfida fa sentire il giocatore parte di una famiglia global in cui ognuno condivide con gli altri le attività più estreme. I gamers sperimentano l’illusoria convinzione di sapersi fermare prima di farsi del male, ma non sempre ci riescono. Spesso sanno che le azioni che scelgono di fare possono essere mortali, ma temono che non eseguendole possano mostrarsi inferiori agli altri dentro un mondo dove l’obiettivo è diventare un leader della rete”.